L’IRONIA E LO STRAVOLGIMENTO DEI PARADIGMI

E i mostri parlano con i mostri, anche Corrado Bonomi ha suoi: a 50 anni dall’allunaggio, ne ritroviamo la storia – o meglio, le storie –che sono state costruite intorno a questo evento così importante per l’immaginario collettivo.

È indicativo che le due opere La vera storia dell’Apollo XI e La versione di Stanley operino uno stravolgimento di paradigma facendo figurare ciò che dovrebbe essere realtà - la vera storia dell’Apollo XI come fiction, e quello che dovrebbe essere fiction La versione dei Stanley come verosimile e rappresentativo della contemporaneità. La vera Storia dell’Apollo XI è ironicamente una scatola dove gli astronauti, incontrano, per l’appunto, “mostri lunatici” che si muovono sullo sfondo sulle note di un carillon.

Ne La versione di Stanley, invece, quello che interessa è il monolite nero, in grado di mettere in comunicazione mondi diversi, ma anche di presagire la missione futura che porterà alla tirannia del “grande fratello Robot. A dire: La versione di Stanley - con tutto quello che ne consegue nella poetica di Kubrick- apre una discussione sull’uso odierno di certi media, nonché sul delicato equilibrio tra l’uomo e la diffusione massiccia della tecnologia; La vera storia dell’Apollo XI, invece - oltre a far riferimento ironicamente alla “bufala” degli ‘70 - entra in contrasto con la cosiddetta narrazione “scientifica” e di “cronaca giornalistica” dell’evento.

I desideri della conquista lunare, non sono certo solo quelli della pura curiositas di Ulisse, ma nascondono anche la lotta per la supremazia tra U.S.A. e U.R.S.S. nella guerra fredda, la volontà di scoprire l’universo e sfruttarne le ipotetiche risorse, dato che ormai «Planet Heart is blue».5 La vera storia dell’Apollo XI trova sulla luna i suoi “mostri” e i “non detti” in versione fantascientifica, simbolicamente quasi fiabesca, risultando fiction; La versione di Stanley mostra una rappresentazione più realistica dello sbarco, dove il monolite assomiglia a un pannello di trasmissione odierno, e solo la luce colorata diversificata e inserita nello sfondo ci ricorda il fatto che sia una fiction.

La commistione tra realtà e immaginazione ha veramente aperto di tanto “lo spazio del possibile” e del dicibile: nel magico e ironico gioco delle opere si apre una riflessione sul rimosso dell’inconscio collettivo – la brama di potere -, propulsore di un’impresa tanto grandiosa. Bonomi guarda, insomma, anche l’”altra faccia della luna”, quella piena di mostri.

5 D. Bowie, Space Oddity, Londra, 1969, cit.