LA SEMIOTICA AL SERVIZIO DELL’ARTE

Il cortocircuito sta qua: dove il fruitore poco accorto ci vede inutile ridondanza, il fruitore scevro da giudizi affrettati ci vede l’uso della didascalia e della tautologia come rottura semiotica dell’assoluta aderenza tra significato e significante, rievocando il monito magrittiano “Questa pipa non è una pipa”.

Ci ricordano, insomma, che la “verità” storica, scientifica e perfino artistica sono sempre relative a un interpretante6, a qualcuno che le legge secondo assunti culturali e individuali assimilati. Il senso delle loro opere è denso e sfugge sempre un po’: è il segreto dell’“Avventura dell’opera d’arte”, come ama definirla Bonomi.

6 A questo proposito è interessante sottolineare come l’arte di Bonomi e di Cella siano in linea con le moderne filosofie del segno, da De Saussure, a Cassirer, al logico-matematico e filosofo pragmatista C.S. Peirce, la cui teoria è ben radicata sull’importanza del ruolo dell’interpretamen (per approfondimento cfr. Rossella Fabbrichesi Leo, Sulle tracce del segno. Semiotica, faneroscopia e cosmologia nel pensiero di Charles Sanders Peirce, La Nuova Italia, Firenze 1986).