SIMBOLI, FIABE ED EMPATIA FIGURALE

Chi lo direbbe che un totem in vetroresina, alto due metri e venti, dal titolo Personalità multiple, possa rappresentare la materializzazione figurale e fisica dei propri incubi sociali e umani, se per incubi intendiamo un pinocchio a tre occhi, o una bocca semiaperta, o un volto alieno e sorridente?

I personaggi delle fiabe o di racconti definiti “per bambini” sono in realtà il mezzo “che nessuno si aspetta” per esorcizzare e definire i contorni di paure tutte adulte che non trovano sufficiente voce o che vengono addirittura ridicolizzate. Ecco allora l’uomo con giacca e cravatta, razionale, “sul pezzo” e con la faccia da selfie.

Egli ha sul groppone i suoi fantasmi così come sono visti dalla nostra società: “banali paure infantili” che banali non sono mai, per chi conosce davvero i bambini. Non è un caso che Gianni Cella ami definirsi “un visionario della vita, prolifico, polimorfico e caleidoscopico che vive in un perenne isolamento adolescenziale”.

Il “perenne isolamento adolescenziale” è forse una condizione privilegiata dalla quale poter osservare il mondo: le idee hanno ancora carne e passione, sono come dotate di “empatia”, empatia che crede ancora nella vita, per quanto possa spesso rivelarsi alienante e foriera di moti disgreganti.

E allora i mostri che l’uomo incravattato si porta sulle spalle sono la sua unica possibilità di salvezza, se li accetta, li ascolta e li abbraccia. I mostri sorridono perché sono paradossalmente la parte più umana della propria identità: se i mostri dovessero scomparire rimarrebbe solo un corpo compatto in uniforme con lo sguardo fisso nel vuoto.